“Stellantis punti sulla qualità e sulle competenze di Torino”
Le associazioni di rappresentanza dell’imprenditoria cittadina fanno fronte comune. Richiesta unanime di Unione Industriali Torino, CNA, API, Coldiretti, Confartigianato, Casartigiani, Lega Coop, Confcooperative, Ascom, Confesercenti.
Preservare e rilanciare il Distretto dell’automobile di Torino proprio mentre è in atto un cambio epocale del paradigma della mobilità. È questo l’auspicio delle istituzioni e delle rappresentanze datoriali che, a vario titolo e con le specificità di ciascun soggetto, si sono schierate in difesa dello stabilimento Stellantis di Mirafiori nelle stesse ore in cui i sindacati dei lavoratori Fim, Fiom e Uilm si apprestano a scendere in piazza con la grande manifestazione che hanno indetto per il 12 aprile.
I presidenti delle associazioni di rappresentanza delle imprese torinesi uniscono nell’occasione le proprie voci per lanciare un messaggio comune: “Serve una risposta del territorio, forte e corale, univoca e senza etichette, per ribadire la centralità del settore automotive e del suo indotto per la nostra comunità. Apprendiamo con favore le dichiarazioni dell’amministratore delegato di Stellantis circa la volontà del Gruppo di non penalizzare la nostra capacità produttiva, continuando a investire sul luogo che ha rappresentato e rappresenta un modello nel sistema industriale italiano ed europeo. Chiediamo pertanto a Stellantis di tradurre quanto prima i progetti tratteggiati in azioni concrete, in grado di valorizzare Torino, puntando sulla qualità e sulle competenze degli imprenditori, dei tecnici e della manodopera che da sempre esprime.”
Torino da oltre un secolo è la capitale dell’industria automobilistica italiana e può mantenere un ruolo da protagonista in un mondo in rapida evoluzione tecnologica: qui c’è un indotto radicato ed esperto, qui ci sono centri stile e di ricerca di assoluta eccellenza, nonché una competenza diffusa che si traduce in tanta manodopera qualificata. Un patrimonio collettivo che non può e non deve essere messo da parte, pena il ridimensionamento del ruolo del settore manifatturiero italiano nel contesto europeo e mondiale. Contrastare il declino industriale di Torino è pertanto un obiettivo comune, dell’intero territorio, al di là delle sigle di rappresentanza. È interesse di tutti, nessuno escluso.
I numeri sono purtroppo chiari ed esprimono il progressivo calo della capacità produttiva di Mirafiori, da oltre ottant’anni fabbrica simbolo dello sviluppo della città e del Paese. Uno stabilimento capace di produrre 200 mila veicoli di sei modelli fino ai primi anni 2000, ma che nel 2019 ha toccato il suo minimo storico con sole 21 mila autovetture. In questi anni il “Polo del lusso”, con il brand Maserati, e la 500 elettrica non ne hanno invertito le sorti. Oggi senza una programmazione e nel contesto di una multinazionale globale come Stellantis che ha spostato il suo centro decisionale da Torino a Parigi, Mirafiori rischia la marginalizzazione, entrando in aperta concorrenza con altri siti produttivi, dalla Polonia al Marocco alla Spagna.
Tutti avvertiamo i sintomi di un declino industriale di Torino legato alla sua azienda simbolo, ma la cura esiste e va somministrata in fretta. Perché c’è un corpo sano e vitale da salvare, quello di un indotto di altissimo livello in grado di servire buona parte dell’industria automobilistica europea, a iniziare da quella tedesca. Realtà guidate da una classe imprenditoriale di primordine che va messa in condizione di proseguire nel proprio cammino, di competere ed essere protagonista del sistema produttivo ed economico. Realtà pronte, ad esempio, alla sfida del motore elettrico, ma a cui va anche garantita la possibilità di proseguire nello sviluppo dei motori endotermici alimentati da nuovi carburanti, come l’idrogeno e i biocarburanti.
In particolare, il presidente di Unione Industriali Torino Giorgio Marsiaj ribadisce: “L’obiettivo primario dev’essere che a Mirafiori vengano realizzati almeno 200 mila veicoli all’anno, ma questo non basta, perché per garantire una continuità produttiva è necessario che parallelamente Stellantis mantenga a Torino la sua testa pensante. È, cioè, importante che qui resti il polo di progettazione e di ingegneria dedito all’innovazione di processo e di prodotto dell’azienda, ambito in cui non temiamo concorrenza, creando un ancoraggio solido anche per il connesso impianto produttivo. Ma il tema non ha solo una dimensione locale, si tratta di una questione che riguarda il futuro dell’Italia ed è un bene che il ministro Urso si stia muovendo per dare risposta a un’esigenza che ormai da tempo noi imprenditori manifestiamo, quella di strutturare una politica industriale nazionale per il comparto automobilistico che sappia ridare vigore alla capacità produttiva delle nostre aziende. Dobbiamo lavorare insieme a questo percorso, che va affrontato facendo convergere le posizioni dei diversi attori coinvolti verso il comune obiettivo della crescita, perché è soltanto con la crescita che possiamo generare ciò di cui oggi c’è più bisogno: il lavoro”.
Secondo Nicola Scarlatelli, presidente di CNA Torino, “la sfida da cogliere è allora quella di cooperare per competere, di fare rete sul territorio per scalare insieme i mercati internazionali. Il potenziale c’è tutto, la diversificazione di prodotto anche e non da oggi. Da almeno vent’anni il cosiddetto indotto auto torinese non è più legato a doppio filo all’industria dell’auto italiana e neppure al mondo dell’automotive tout court. Gli artigiani e le Pmi che ne fanno parte hanno da tempo diversificato la loro capacità produttiva sia in termini di prodotto che di mercati di sbocco, servendo certamente l’industria dell’automobile, che rimane fondamentale e strategica, ma anche altri settori in forte sviluppo come l’elettromedicale, la nautica e l’aerospazio. Servono, dunque, politiche industriali nazionali e regionali per tutelare questo microcosmo imprenditoriale perché rappresenta il cuore produttivo e tecnologico non solo della città e della Regione, ma dell’Italia intera. E occorre lottare per impedire una delocalizzazione produttiva di Mirafiori che rimane in qualche modo un simbolo di quella Torino città dell’auto a cui noi tutti continuiamo ad augurare un glorioso futuro”.
Fabrizio Cellino, Presidente di API Torino, aggiunge: “Le imprese dell’automotive e della mobilità a Torino e in Piemonte hanno una capacità tecnologica e produttiva di primo livello che abbiamo il dovere di difendere e valorizzare. È un sistema in sofferenza ma ancora uno dei pochi al mondo in grado di esprimere una pluralità di competenze eccellenti. Sappiamo bene che è inutile avere nostalgia del passato. Le PMI del territorio sono state le prime ad aver intrapreso la strada della diversificazione nelle crisi passate e hanno oggi la consapevolezza del percorso di innovazione richiesto dalla transizione. Non si può però pensare che le nostre imprese e i nostri lavoratori affrontino queste sfide da soli. Oggi siamo di fronte ad una situazione che necessita di più livelli di consapevolezza e di risposta. Da un lato, Stellantis deve passare dalle dichiarazioni ai piani concreti per Torino e l’Italia. Noi abbiamo bisogno di costruttori che comprino i componenti dalle nostre imprese perché noi diamo lavoro e creiamo ricchezza su questo territorio. Dall’altro, il governo deve intraprendere una vera politica industriale capace di difendere e valorizzare il nostro patrimonio produttivo, creando condizioni di competitività per una presenza diversificata di industrie dell’auto e della mobilità”.
Secondo Dino De Santis, presidente di Confartigianato Imprese Torino, “l’annuncio dell’investimento di cento milioni di euro per la nuova batteria e l’inaugurazione dell’hub per i nuovi cambi ibridi sono certamente delle buone notizie, ma ora non è più rinviabile un’operazione chiarezza da parte dei vertici di Stellantis sul futuro di Mirafiori. Sono i numeri dei ricavi e degli utili a dirci che il Gruppo Stellantis viaggia a vele spiegate. Senza un serio piano industriale di rilancio, una chiara mission, nuovi modelli e nuove assunzioni, Mirafiori è destinata a una inesorabile consunzione, con effetti drammatici sull’indotto e sulle piccole imprese artigiane. Per questo chiediamo a Stellantis di dimostrare di essere una vera impresa rispettosa del principio della responsabilità sociale verso i territori e i lavoratori, e per chiedere alle istituzioni tutte, a cominciare dal Governo nazionale, di non abbandonare Mirafiori e Torino ma battersi per garantire un futuro”.
“Un’agricoltura torinese moderna – sostiene il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – non può che sostenere un rilancio dell’industria manifatturiera e meccatronica nel polo di Mirafiori. Un territorio impoverito è un territorio che si spopola e che vede abbassarsi la capacità di spesa dei cittadini che, per questo, rischiano di rinunciare a un’alimentazione bilanciata e a Km Zero. Ma a sostegno del Polo di Mirafiori ricordiamo anche che l’agricoltura moderna da una parte ha sempre più necessità di tecnologie e mezzi per la crescita strategica dell’agricoltura di precisione per potere affrontare le sfide della sostenibilità e della qualità dei prodotti agricoli. Dall’altra, l’agricoltura è torinese è anche pronta a servire il settore della mobilità green con il biometano prodotto a partire dalle emissioni degli allevamenti animali, emissioni che non vengono più rilasciate in atmosfera ma utilizzate per produrre energia pulita e rinnovabile. Il futuro per Mirafiori si deve giocare cogliendo esigenze e opportunità in interscambio con il mondo agricolo”.
“Le energie industriali ed economiche del nostro territorio sono un patrimonio da difendere – sottolinea la presidente di Ascom Confcommercio Torino e provincia Maria Luisa Coppa -. Siamo di fronte ad una questione non meramente industriale, ma, piuttosto, di ‘benessere del territorio’ e di reciprocità delle diverse economie che ci caratterizzano. Oltre i cancelli delle fabbriche c’è un ecosistema ricco di imprese, che, con la laboriosità che le caratterizza, provvedono ai servizi, ai prodotti, alle innovazioni e all’accoglienza per chi vive e lavora in una grande città. Ascom rappresenta proprio questo variegato panorama imprenditoriale, che si distingue per resilienza, capacità e tenacia, portatore di valori e di economie irrinunciabili per una città di caratura europea come Torino”.
“Siamo solidali – dice il presidente di Confesercenti, Giancarlo Banchieri – con i lavoratori di Stellantis e condividiamo le richieste delle organizzazioni sindacali a proposito della necessità che Mirafiori continui a vivere e a produrre. Se ciò non fosse, si verificherebbe un depauperamento dell’assetto produttivo di Torino con conseguenze drammatiche anche in termini di reddito e di occupazione. Dunque, ciò che succede alla fabbrica non può lasciare indifferente nessuna categoria economica e nessun cittadino. Stellantis deve garantire a Torino adeguati investimenti che consentano alla città di preservare il proprio storico patrimonio industriale e di competenze nel settore della mobilità, tenendo conto dei cambiamenti che questo settore sta vivendo. Le istituzioni – Governo, Regione, Comune – sono impegnati in una sfida difficile: Confesercenti appoggia il loro sforzo per assicurare ai lavoratori e alla città prospettive certe“.
“La storia di Torino e del Piemonte vede nella filiera dell’automotive un importante punto di riferimento e auspichiamo che possa anche in futuro rimanere tale. Siamo altrettanto consapevoli della necessità di costruire un ecosistema che abbia al proprio interno più vocazioni imprenditoriali per contribuire a rafforzare un modello produttivo che sia in grado di attrarre nuovi investimenti, servizi e opportunità per il territorio in un’ottica di innovazione economica, sociale e ambientale che rappresenta la sfida comune per Torino e tutto il Piemonte” dichiara Dimitri Buzio, presidente di Legacoop Piemonte.
Dichiara Irene Bongiovanni, Presidente di Confcooperative Piemonte Nord: “questo è un momento in cui la nostra città sta vivendo importanti processi trasformativi. Non possiamo correre il rischio di disperdere competenze, conoscenze, professionalità accumulate in generazioni e generazioni. Dobbiamo accompagnare la trasformazione della città verso una dimensione multivocazionale, ma per fare questo dobbiamo preservare e tutelare il patrimonio di sapere e di competenze legate al mondo dell’automotive. Solo così si può costruire una città in grado di includere e di distribuire in modo equo opportunità di reddito e di rimettere in moto quella scala sociale che ha permesso in passato di garantire inclusione e qualità della vita. La cooperazione che io rappresento può giocare un ruolo fondamentale sia nell’integrarsi con una manifattura moderna e nel mettersi a disposizione per rispondere ai nuovi bisogni che inevitabilmente richiederanno risposte innovative. Inoltre, molti dei nuovi mercati, che inevitabilmente una dimensione neoindustriale porta con sé, richiederanno la necessità di riorganizzare le realtà esistenti e strutturarne di nuove. In questo, il modello cooperativo può garantire sicuro successo.”