Di seguito l’intervista di STARTHUB TORINO a Alessandra Brogliatto, Responsabile Settore Ricerca Sviluppo Formazione e Pari Opportunità per Confcooperative Piemonte Nord
La parità di genere è ancora lontana dall’essere pienamente raggiunta in Italia. Sul posto di lavoro come nella vita quotidiana gli stereotipi continuano a danneggiare le donne e gli ostacoli da superare sono molteplici. Per parlarne con chi del raggiungimento della parità ha fatto il suo lavoro, Alessandra Brogliatto.
Davide: Per iniziare vuole parlarci un po’ di lei e della sua carriera lavorativa?
Alessandra: Certamente. Lavoro per Confcooperative Piemonte Nord e sono Ad del Consorzio il Nodo, svolgendo una funzione manageriale nell’ambito della ricerca. Più nel dettaglio mi occupo di redigere e diffondere progetti per l’innovazione e il raggiungimento delle pari opportunità. […] Ho sempre ritenuto fondamentale il tema delle pari opportunità e poterne fare il mio lavoro è stata un’opportunità che non potevo non cogliere. Bisogna impegnarsi personalmente per fare la differenza. […]
D: L’educazione non può che giocare un ruolo chiave in questo senso, concorda anche lei?
A: Assolutamente sì. L’educazione non può che essere al centro di un futuro diverso. Parlando di educazione peraltro è importante chiarire il fatto che questa parte dalla nascita e prosegue tutta la vita, passando per la scuola e soprattutto per la famiglia: non si può smettere mai di imparare. Dare subito spazio fin dalla più tenera infanzia alla questione dell’inclusività è essenziale per prevenire le future discriminazioni.
D: A quali altri strumenti si può pensare per raggiungere più rapidamente la parità tra uomo e donna?
A: Senz’altro due strumenti essenziali sono le tanto chiacchierate quote rosa e una più equa gestione dei congedi di paternità e di maternità. Le quote rosa sono essenziali perché per osservare un pieno cambiamento nel mondo sfortunatamente è spesso necessario imporre degli obblighi legali. Ma non sono fondamentali solo in un contesto strettamente politico. È un ottimo risultato che ora sia stato inserito un simile vincolo per le società pubbliche e partecipate.
Per quanto riguarda invece le leggi di congedo parentale l’Italia, pur non essendo ancora ai livelli dei Paesi nordici, notoriamente i più avanzati al mondo, è già in prima linea. […] Non dimentichiamoci che la possibilità di restare incinta e il conseguente congedo rappresentano ancora un vantaggio competitivo non da poco per gli uomini rispetto alle assunzioni.
In generale poi sono auspicabili tutte quelle azioni positive che aiutino a rendere la società e i compiti che da essa derivano più equamente distribuiti, in un senso come nell’altro. […]. Ma anche incentivi di ogni altro tipo di welfare familiare sono un ottimo segnale.
D: Passiamo ora alle certificazioni sulla parità di genere. Visto che se ne occupa da vicino può raccontare meglio ai nostri lettori di cosa si tratta?
A: La certificazione di parità di genere rappresenta un aspetto significativo che si integra strettamente con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), poiché offre l’opportunità di definire una strategia ampia che si estende dal 2021 al 2026. Questa strategia agisce su ambiti chiave quali il lavoro, le competenze, il tempo e il potere. Nel contesto della definizione di questa strategia, si evidenzia l’importanza della certificazione sulla parità di genere. Le risposte precedenti su questo tema hanno incluso in passato il concetto di “bollino rosa”. Tuttavia, per la prima volta, con la legge 162 del 2021, si è formalizzata questa certificazione; l’obiettivo principale è comprendere quali azioni siano necessarie per raggiungere una reale parità di genere all’interno delle aziende. È importante sottolineare che tutte le imprese hanno la possibilità di ottenere questa certificazione, e quelle che la possiedono possono beneficiare di un piccolo sgravio contributivo INPS. […] Uno degli obiettivi chiave è ridurre le uscite premature dal mercato del lavoro, promuovendo pratiche che favoriscano un’effettiva parità di opportunità. È essenziale riconoscere che la complementarietà tra uomini e donne arricchisce l’azienda […] In contesti come quello della cooperazione sociale, sebbene le lavoratrici donne siano numericamente predominanti (circa il 90%), gli uomini riescono spesso a occupare posizioni di governance. È comune peraltro riscontrare una disparità nella remunerazione, con i compensi maschili che tendono ad essere superiori, spesso a causa di pratiche contrattuali discriminatorie.
D: Rispondendo alla domanda precedente ha citato il problema dell’abbandono dell’attività lavorativa da parte delle neo-mamme. Un problema non da poco…
A: Sfortunatamente è un problema comune soprattutto in grandi città e luoghi decentrati, per le prime i centri ci sono ma non sono sufficienti, per i secondi invece non ci sono affatto. […]. L’assenza prolungata dal lavoro crea infatti un problema di aggiornamento delle competenze, ulteriormente aggravato dall’avanzata del digitale che rende obsolete le competenze acquisite nel giro di pochi anni. Tuttavia per le donne il lavoro equivale all’indipendenza ed è quindi essenziale. Il part time, lungi dall’essere una soluzione, è parte del problema perché rende le donne particolarmente deboli come soggetti.
D: Per concludere torniamo sul personale. La maggior parte delle discriminazioni, tanto verso le donne, quanto verso altri soggetti sensibili, deriva da stereotipi. Lei, pur lavorando in un settore dove la sensibilità sul tema è particolarmente sviluppata, senz’altro si è trovata a farci i conti. Qual è uno stereotipo che le ha dato particolarmente fastidio?
A: […] In generale le donne si trovano sempre a dover dimostrare una performanza più elevata, il che rappresenta già di per sé un peso. È però fondamentale riconoscere che molti di questi stereotipi sono ancora connaturati nella nostra società e i più finiscono per farli propri inconsciamente: già riuscire a riconoscerli è un primo grosso passo avanti verso la definizione di comportamenti più corretti. Certo che anche nel linguaggio queste abitudini sono dure a morire. Si pensi a quanta difficoltà si fa ancora a declinare le posizioni politiche e alcuni mestieri al femminile, come ha dato di recente un triste esempio la nostra Presidente del Consiglio rifiutandosi di farsi appellare al femminile.