Il decreto per il contrasto alla pandemia è stato pubblicato (Decreto Legge n. 44 dell’1-4-2021, GU n. 79 dell’1-4-2021, in vigore dallo stesso giorno). L’articolo 4 contiene le disposizioni in materia di obblighi vaccinali per le professioni sanitarie e le persone impiegate in attività di interesse sanitario.
Il provvedimento, atteso da quando è iniziata la campagna vaccinale per dare certezze al personale, definisce tempi e procedure per assolvere agli obblighi.
Esaminiamo il testo senza riprendere le considerazioni giuridiche che sono state approfondite in occasione del nostro seminario “…un caffè con gli avvocati” del 23 febbraio scorso, se non per ricordare che l’emanazione di una norma di legge era indispensabile per adempiere al disposto dell’articolo 32 comma 2 della Costituzione[1].
In primo luogo, viene stabilito l’obbligo di vaccinazione, gratuita, per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2.
L’obbligo è in vigore fino alla completa attuazione del piano vaccinale previsto dall’articolo 1 comma 457ss della legge 178/2020 e comunque non oltre il 31-12-2021.
I destinatari sono:
cioè coloro che svolgono la propria attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali.
Gli elenchi delle professioni sanitarie e di interesse sanitario sono contenuti nell’allegato tratto dal sito del Ministero della salute. Tra gli “operatori di interesse sanitario” è compresa anche la figura professionale dell’OSS, ampiamente presente nell’organico delle cooperative.
Il decreto (comma 3ss) chiama in causa gli ordini professionali che però coprono soltanto alcune categorie[2], ma la procedura segue un doppio binario, ordini e datori di lavoro, ed è proprio su questi ultimi che di fatto grava la procedura.
L’obbligo è inoltre ristretto alle strutture indicate sopra tra le quali sono comprese, oltre agli ospedali, le Rsa e in generale le strutture residenziali e semi residenziali per anziani, per disabili, per minori, ma non altri servizi quali, ad esempio, quelli di assistenza domiciliare.
Il comma 1 dell’articolo 4 stabilisce anche che
la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati.
Il decreto non obbliga alla vaccinazione le altre figure presenti nelle strutture: professioni ausiliarie, il personale con mansioni di cucina, le persone addette alle pulizie ecc.
Inoltre l’obbligo non opera (e la vaccinazione può essere omessa o differita) in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale (comma 2).
I commi successivi definiscono la procedura da adottare in quanto, come noto, la somministrazione del vaccino anti Covid19 è di esclusiva pertinenza dell’autorità sanitaria.
Come si vede, si tratta di una verifica complessiva, e sovrabbondante, della situazione delle singole persone. Saranno cioè esaminate le posizioni di tutte le persone iscritte agli ordini (quindi anche di chi non opera nelle strutture individuate dal provvedimento) e di tutte le altre figure professionali (in particolare OSS) impiegate nelle citate strutture. In entrambi i casi saranno segnalate ed esaminate anche le posizioni di coloro che hanno già effettuato il vaccino.
Anche in questo caso si deve segnalare una criticità: l’Asl che compie tutte queste operazioni è quella dove risiede il personale. Qualora la sua residenza non coincidesse con quella della sede di lavoro si potrebbero creare preoccupanti trasferte vaccinali.
L’adozione dell’atto da parte dell’ASL determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
A questo punto scattano gli ulteriori adempimenti del datore di lavoro che, ricevuta la comunicazione dell’ASL, deve adibire la persona dipendente a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
Se non è possibile l’assegnazione a mansioni diverse la persona interessata sarà sospeso dal servizio senza la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato.
Il lavoratore rimane sospeso fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale (che sarà decretato dal Governo) e comunque non oltre il 31-12-2021.
Il decreto richiama esplicitamente (comma 10) il disposto dell’articolo 26, commi 2 e 2-bis, del Dl 18/ 2020 (di recente modificato dal Dl 41/2021) che dispone norme di protezione per le cosiddette persone fragili, quali potrebbero essere coloro che non possono essere vaccinati ai sensi del comma 2.
In questi casi è possibile utilizzare il lavoro agile (ipotesi forse poco praticabile per professioni sanitarie “sul campo”) o esentare la persona interessata dal servizio equiparando l’assenza al ricovero ospedaliero.
Infine, il comma 11 prevede che nell’esercizio dell’attività libero-professionale i soggetti che, rientrando nelle situazioni elencate al comma 2, non possono essere vaccinati adottano le misure di prevenzione igienico-sanitarie indicate dallo specifico protocollo di sicurezza adottato con decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.
La procedura è abbastanza lineare anche se complessa e lunga. Ci sono però molti punti problematici. Questi i più rilevanti.
La platea dei destinatari deve essere meglio definita sia in relazione alle professioni non ordinistiche sia agli addetti ai servizi. Questa lacuna può lasciare dei vuoti nella copertura vaccinale.
Nella prima fase di vaccinazione le regioni possono aver utilizzato criteri diversi anche molto prudenziale (ad esempio includendo nei programmi vaccinali tutto il personale della struttura compresi, oltre a chi svolge mansioni di pulizia, mensa ecc., anche chi lavora in ruoli amministrativi).
Quando il DL.44 avrà esplicato i propri effetti, si potrà verificare la situazione di strutture con tutto il personale sanitario (in senso lato) vaccinato (le persone non vaccinate dovranno essere escluse dal servizio) e il personale addetto ai servizi, vaccinato solo in parte in quanto non obbligato.
Si porrà quindi la necessità valutare la situazione in modo che il personale non vaccinato non compreso nell’articolo 4 che accede ai luoghi di assistenza operi in sicurezza.
In termini squisitamente giuslavoristici si pone il problema dell’adibizione del personale non vaccinato ad altri servizi soprattutto nel caso in cui ci siano posti disponibili, ma in numero inferiore rispetto alle persone da ricollocare. Come scegliere chi sospendere (in attività assistenziali le rotazioni sono poco opportune)?
L’altra questione riguarda l’adibizione a mansioni inferiori. C’è una copertura della legge, ma si può immaginare che sarà una sarà fonte di contenzioso.
Il demansionamento pone anche il tema del trattamento retributivo che, ai sensi del comma 10[3], non dovrebbe subire decurtazioni. Il dubbio si pone esaminando il comma 6 prevede in base al quale il datore di lavoro adibisce la persona dipendente interessata, ove possibile, a mansioni, anche inferiori … con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate (alla luce del comma 10 il dubbio è si tratta di quelle esercitate effettivamente dopo il demansionamento o in precedenza).
C’è anche una considerazione di tipo temporale. Il “mercato del lavoro”, interno ed esterno alle aziende, è infatti dinamico. Nelle prossime settimane, o mesi, si verificherà la necessità di assumere personale o di spostare personale da un servizio in cui non vi è obbligo di vaccinazione a uno in cui vi obbligo. La risposta non potrà che venire da una interpretazione o meglio da una modifica della legge.
L’ultimo problema è di ordine operativo e deriva dalla carenza di personale sanitario: in caso di sospensioni numerose in alcuni servizi si potrebbe verificare una carenza importante di personale.
Alleghiamo il Decreto Legge n.44 del 01/04/2021 e l’elenco delle professioni sanitarie.
[1] Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
[2] Esistono gli Ordini professionali per: Medici chirurghi e Odontoiatri, Veterinari, Farmacisti, Psicologi, Chimici e Fisici, Biologi, Professioni infermieristiche, Ostetriche, Tecnici sanitari di Radiologia medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione.
[3] …il datore di lavoro adibisce i soggetti di cui al comma 2 a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione…