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Confcooperative Piemonte Nord

Pubblicato il 27 Settembre 2021

Norme in materia di certificazione verde Covid

L’atteso decreto (n. 127 del 21-9-2021) che estende l’utilizzo della certificazione verde nei luoghi di lavoro è stato pubblicato in Gu (n. 226 del 21-9-2021).

Affrontiamo qui le questioni relative ai datori di lavoro privati.

In premessa proviamo a definire il quadro complessivo.

Al momento ci troviamo di fronte a tre distinte situazioni che qui di seguito definiamo in modo schematico.

 SETTORI DI ATTIVITA’OBBLIGO 
Sanità assistenza ecc. (*)VaccinoIl primo intervento (Dl 44) ha riguardato il personale sanitario attraverso un sistema che coinvolgeva gli ordini professionali e coloro che erano in obbligo in quel momento. Il Dl 122 ha esteso l’obbligo a tutti i lavoratori, anche di imprese esterne, che operano in tali settori.
ScuolaCertificazione verdeIl primo intervento (Dl 111) ha riguardato il personale dipendente pubblico. Il Dl 122 ha previsto l’obbligo per tutti coloro che accedono agli edifici scolastici (anche dipendenti di imprese esterne).
Altri settoriCertificazione verdeObbligo per accedere a ogni luogo di lavoro.
(*) Dl 44: strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali. Dl 122: Strutture di ospitalità e di lungodegenza, residenze sanitarie assistite (RSA), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti, e comunque in tutte le strutture residenziali di cui all’art. 44 del Dpcm 12-1-2017 (So Gu n. 65 del 18-3-2017), strutture socio-assistenziali (linee guida ordinanza del Ministro della salute 8-5-2021 – Gu n. 110 del 10-5-2021).

La certificazione verde attesta una delle seguenti condizioni (fonte Ministero della salute):

È in corso di approvazione un provvedimento per portare la validità dei test a 72 ore.

Ricordiamo infine le decorrenze dei vari provvedimenti:

Veniamo ora al nuovo provvedimento e in particolare all’articolo 3 che inserisce l’articolo 9septies nel Dl 52/2021.

Dal 15-10-2021 al 31-12-2021 chiunque svolge un’attività lavorativa nel settore privato, per accedere ai luoghi di lavoro deve possedere ed esibire, su richiesta, la certificazione verde Covid19 (comma 1).

Questo obbligo riguarda anche tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di lavoro, anche sulla base di contratti esterni (comma 2).

L’obbligo riguarda tutte le tipologie di rapporto di lavoro: subordinato, parasubordinato, autonomo.

Come già per le altre disposizioni di questo tipo, queste non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.

Come si vede l’obbligo di certificazione per il lavoro è molto ampia, anzi assoluta, analoga a quella per il mondo della scuola.

Il controllo all’accesso nei luoghi di lavoro del possesso della certificazione (dei lavoratori “interni” e degli “esterni”) è di competenza del datore di lavoro attraverso l’utilizzo esclusivo dell’App VerificaC19.

Per i lavoratori che prestano la propria attività presso i locali del committente la verifica del green pass spetta al datore di lavoro, ma anche dai rispettivi committenti.

Spetta ai datori di lavoro, definire entro il 15-10-2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche.

La norma in commento specifica che:

Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal Dpcm ai sensi dell’articolo 9, comma 10. Si tratta del decreto 17-6-2021 che prevede le modalità di lettura del codice a barre.

Tra le misure organizzative riteniamo che debba essere prevista una comunicazione ai lavoratori con la quale

Ai lavoratori sprovvisti di certificazione dovrà essere comunicato il divieto di accesso nei luoghi di lavoro e il mancato pagamento della retribuzione.

Con il comma 6 iniziano le parti più oscure della norma.

I lavoratori, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risultino privi della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.

La prima questione è relativa all’ambito: riteniamo che riguardi tutti coloro che accedono al luogo di lavoro (compresi quindi coloro che lavoratori non sono, ma che possono avere conseguenze dall’essere considerati assenti ingiustificati).

La questione più bizzarra è quella di una assenza ingiustificata, che non ha conseguenze disciplinari e per la quale non si perde il diritto al posto di lavoro.

Senza voler entrare nel novero di coloro che hanno la “sanzione facile” rileviamo che è uno strano modo di trattare l’assenza ingiustificata. Forse bastava non qualificarla come ingiustificata.

In linea con i provvedimenti precedenti si specifica che i giorni di assenza ingiustificata non danno diritto a retribuzione di alcun tipo, quindi anche differita (ovviamente per i ratei sarà necessario tener conto delle disposizioni di legge e di contratto).

Sulla stampa specializzata e non sono apparse notizie piuttosto originali. Vediamone alcune.

Nelle stanze del governo si è deciso di cancellare un aspetto che aveva fatto molto discutere: la sospensione dei dipendenti pubblici e privati sprovvisti di certificazione verde.

Green pass. Niente più sospensione dal lavoro per chi non ce l’ha. Resta lo stop allo stipendio.

Forse è il caso di andare alla sostanza: la parola sospensione non compare in questa parte del decreto, ma come si qualifica la situazione di un lavoratore che non può entrare sul luogo di lavoro e non riceve lo stipendio pur rimanendo regolarmente assunto? In genere questa cosa si chiama sospensione. Forse il termine è stato omesso per non urtare la suscettibilità di qualcuno. Speriamo solo che non generi ulteriori problemi.

Visto l’effetto di deterrenza che il provvedimento vuole avere, non si prende in considerazione la possibilità di adibire i lavoratori privi della certificazione a lavoro agile o a domicilio.

Bisogna mettere in conto che qualche lavoratore faccia richieste di questo tipo (il lavoro agile per alcuni giorni alla settimana potrebbe evitare una parte dei tamponi, il lavoro a domicilio o agile “spinto” potrebbe evitarli completamente). L’accoglimento dipende dall’effettiva possibilità di adibire i lavoratori a tali modalità.

Il punto di più difficile comprensione è però contenuto nel comma 7 dedicato alle imprese con meno di 15 dipendenti. Questi datori di lavoro dopo il 5° giorno di assenza ingiustificata per mancanza della certificazione possono sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021.

A nostro avviso i lavoratori privi di certificazione sono assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro e quindi possono essere sostituiti con personale a termine con causale sostitutiva ai sensi dell’articolo 19 comma 1 lettera a) del Dlgs 81/2015[1].

Ovviamente il sostituto dovrà esser assunto indicando la classica causale: “…in sostituzione del sig. … assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro…”.

In teoria tutto funziona. In pratica bisogna tener conto del fatto che il lavoratore assente potrebbe rientrare in qualsiasi momento avendo effettuato un tampone con esito negativo. Questo può comportare rapporti di lavoro frammentati con necessità di frequenti riassunzioni. Si tratta di una gestione complica dal punto di vista organizzativo, amministrativo e di reperimento del personale.

Tutto questo dovrebbe valere anche per le imprese con meno di 15 dipendenti.

Per queste imprese si prospetta però una maggiore elasticità. Dopo 5 giorni di assenza è infatti possibile sospendere il lavoratore per 10 giorni e assumere a tempo determinato (anche con contratto di somministrazione) per analogo periodo un sostituto. Qualora il lavoratore assente ottenesse la certificazione prima del termine dei 10 giorni, rimarrebbe comunque sospeso senza retribuzione consentendo un minimo di continuità al sostituto e all’organizzazione aziendale.

Trascorso tale periodo e perdurando l’assenza ingiustificata, il datore di lavoro potrebbe prorogare il contratto del sostituto per ulteriori 10 giorni.

Al termine di questo periodo si applicano le regole generali con le criticità richiamate sopra.

Queste le sanzioni.

L’accesso di lavoratori ai luoghi di lavoro senza il possesso di certificazione è punito con la sanzione da 600 a 1.500.

È anche previsto che restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore.

Su questo aspetto si apre una questione rilevante che però deve essere valutata in relazione alle previsioni del Ccnl applicato e alle due principali fattispecie: l’accesso nel proprio luogo di lavoro e quello presso altri datori di lavoro (in questo caso ci sono anche gli aspetti relativi ai rapporti tra le due imprese).

Il datore di lavoro che non effettua i controlli o non adotta le misure organizzative di cui al comma 5 nel termine è soggetto alla sanzione da 400 a 1.000 euro.

Le sanzioni sono irrogate dal Prefetto. I soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni individuati dal datore di lavoro trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione.

È auspicabile che una circolare definisca la natura di questi “atti” e la procedura di trasmissione.

Faq del Governo

Riportiamo qui sotto il link della pagina web del Governo nella quale sono state pubblicate le faq aggiornate in materia di green pass

COVID-19 – Domande frequenti sulle misure adottate dal Governo | www.governo.it

Ne riportiamo alcune:

Chi controlla il libero professionista? E il titolare di un’azienda che opera al suo interno? Il libero professionista quando accede nei luoghi di lavoro pubblici o privati per lo svolgimento della propria attività lavorativa viene controllato dai soggetti previsti dal decreto-legge n. 127 del 2021. Il titolare dell’azienda che opera al suo interno viene controllato dal soggetto individuato per i controlli all’interno dell’azienda.

Chi lavora sempre in smart working deve avere il green pass? No, perché il green pass serve per accedere ai luoghi di lavoro. In ogni caso lo smart working non può essere utilizzato allo scopo di eludere l’obbligo di green pass.

Visto l’obbligo del green pass, nelle aziende si potrà derogare alla regola del metro di distanziamento? No, il green pass non fa venir meno le regole di sicurezza previste da linee guida e protocolli vigenti. 

Le aziende che effettueranno controlli a campione sul personale potranno incorrere in sanzioni nel caso in cui un controllo delle autorità dovesse riscontrare la presenza di lavoratori senza green pass? No, a condizione che i controlli siano stati effettuati nel rispetto di adeguati modelli organizzativi come previsto dal decreto-legge n. 127 del 2021.


[1] I contratti con causale sostitutiva sono esenti da limiti numerici e non sono soggetti al contributo addizionale ex art. 2 co. 28 Legge 92/2012).