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Pubblicato il 4 Marzo 2021

Il Garante della Privacy sul Trattamento di dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19 nel contesto lavorativo.

Porta la data del 17 febbraio la nuova entrata nel corpus delle FAQ del Garante Italiano per la privacy che ha come oggetto il trattamento dei dati relativi alla situazione vaccinale anti Covid del dipendente da parte del datore di lavoro.

Il Garante non va per il sottile.

Le FAQ riportano una semplice lista di domande:

  1. Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?
  2. Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?
  3. La vaccinazione anti covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario)?

A cui il Garante risponde un chiaro e netto “NO” alle prime due. La terza, invece, ha una risposta meno chiara.

Alla prima domanda, il Garante afferma che “il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19. Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

E rincara la dose, specificando non solo che non è consentito trattare il dato dalle disposizioni di emergenza, ma che il consenso del lavoratore non costituisce una base giuridica idonea al trattamentoin ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo (considerando 43 del Regolamento).” Per cui, qualunque modulo o documento con sopra una richiesta di consenso al trattamento del dato relativo alla vaccinazione anti-Covid è da ritenersi non solo non valido ma anche illecito.

Alla seconda domanda abbiamo un altro sentito “NO”: soltanto il medico competente può acquisire i dati relativi allo stato vaccinale anti-Covid del lavoratore ma non può comunicarli in nessun modo al datore di lavoro: “Solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008).

Ma, il datore di lavoro può, citando le FAQ: “invece acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati (es. art. 18 comma 1, lett. c), g) e bb) d.lgs. n. 81/2008).”

Per la terza domanda il Garante esordisce dicendo che, al momento in cui questo articolo viene scritto, c’è bisogno di un intervento del legislatore nazionale che disciplini il delicato punto della vaccinazione come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, mansioni e attività lavorative.

Finchè questo nono sarà fatto, rimane fermo l’orientamento già percepito in precedenza: il datore di lavoro non può sapere se il dipendente è stato vaccinato o meno, deve essere il medico competente a valutare l’idoneità del dipendente in base alle condizioni cogenti e al rischio biologico associato all’attività lavorativa e a comunicare al datore di lavoro l’idoneità o inidoneità parziale o totale della risorsa umana a svolgere la sua attività.

Citando le FAQ: “nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del d.lgs. n. 81/2008).

In tale quadro solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.

Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del d.lgs. n.81/2008).”