Il DL 18 del 17 marzo 2020, cd #curaitalia, ha meglio chiarito quando è possibile utilizzare gli ammortizzatori sociali e chi può richiederli.
A seguito del diffondersi dell’emergenza epidemiologica legata al c.d. Coronavirus (Covid-19) si rende necessario per molte imprese accedere agli ammortizzatori sociali.
Per le cooperative che operano nel settore dei servizi/terziario, ed in generale per tutte quelle non coperte dalla normativa sulla cassa integrazione è disponibile l’ammortizzatore sociale denominato Fondo di Integrazione Salariale (FIS), con due tipologie di strumenti (assegno ordinario e assegno di solidarietà) se in presenza dei seguenti requisiti dimensionali (media del semestre precedente):
Si precisa che i lavoratori a tempo parziale sono computati nel complesso del numero dei lavoratori dipendenti in proporzione all’orario svolto.
L’Assegno di solidarietà consente la sola riduzione dell’attività lavorativa, non la sospensione a zero ore, in quanto ha lo scopo di evitare o ridurre le eccedenze di personale in caso di licenziamenti collettivi o plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo.
L’Assegno ordinario consente la sospensione a zero ore o riduzione dell’attività lavorativa per le seguenti causali:
Ciascun intervento per riduzione o sospensione dell’attività lavorativa è corrisposto fino ad un periodo massimo di 26 settimane in un biennio mobile.
L’Assegno Ordinario risulta essere l’ammortizzatore sociale da adottare nei casi di sospensioni di attività per ordinanza della Pubblica Autorità, con la seguente procedura sindacale e amministrativa.
Nei casi di sospensione o riduzione dell’attività produttiva e dei servizi, la cooperativa è tenuta a comunicare preventivamente alle rappresentanze sindacali aziendali o alla rappresentanza sindacale unitaria, ove esistenti, nonché alle articolazioni territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, le cause di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro, l’entità e la durata prevedibile, il numero dei lavoratori interessati.
A tale comunicazione segue, su richiesta di una delle parti, un esame congiunto della situazione avente a oggetto la tutela degli interessi dei lavoratori in relazione alla crisi dell’impresa.
La domanda di accesso all’assegno ordinario, a prescindere dalla causale invocata, deve essere presentata alla sede INPS territorialmente competente in relazione all’unità produttiva non prima di 30 giorni e non oltre il termine di 15 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
La misura delle prestazioni per le ore di lavoro non prestate è calcolata in modo equivalente a quanto previsto per i trattamenti di cassa integrazione guadagni ordinaria. L’importo dell’assegno ordinario è pari all’80 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese tra le ore zero e il limite dell’orario contrattuale.
L’importo così determinato è ridotto dell’importo derivante dall’applicazione delle aliquote contributive previste a carico degli apprendisti (5,84 per cento) e non può superare gli importi massimi mensili annualmente determinati.
Per l’anno 2020:
1) retribuzioni fino a euro 2.159,48: euro 998,18 (euro 939,89 al netto del 5,84%);
2) retribuzioni oltre euro 2.159,48: euro 1.199,72 (euro 1.129,66 al netto del 5,84%).
Al fine di poter beneficiare delle prestazioni del Fondo di integrazione salariale i lavoratori, alla data di presentazione della domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale, devono avere un’anzianità di almeno 90 giorni di effettivo lavoro presso l’unità produttiva in riferimento alla quale è stata presentata la domanda.
Tale requisito non viene richiesto per eventi oggettivamente non evitabili.
Oltre alla normale contribuzione versata mensilmente dai datori di lavoro, è previsto un versamento addizionale connessa all’utilizzo delle prestazioni di integrazione salariale.
La nota n. 8926 dell’1-6-2017 del Ministero del lavoro in risposta a un quesito delle associazioni cooperative precisa che il datore di lavoro che ricorrere alla prestazione dell’assegno ordinario Fis per un “evento oggettivamente non evitabile” è esonerato dal versamento del contributo addizionale, ferma restando la necessità del rispetto delle disposizioni in materia di equilibrio finanziario del fondo.
Per il Fondo di Integrazione Salariale è previsto il meccanismo del cosiddetto tetto aziendale, in base al quale ciascun datore di lavoro può accedere alle prestazioni del Fondo in proporzione alla contribuzione versata, tenendo conto delle prestazioni già deliberate.
La legge di bilancio 2018 ha stabilito che il limite massimo in base al quale ciascun datore di lavoro può accedere alle prestazioni garantite dal Fondo (c.d. tetto aziendale) è di dieci volte l’ammontare dei contributi ordinari dovuti dal datore di lavoro, da intendersi solo quelli versati a favore del fondo stesso, che per i datori di lavoro > 15 dipendenti l’aliquota è dello 0,65% dal 01/01/2016.
ATTENZIONE: il limite del tetto aziendale va monitorato soprattutto se la cooperativa ha già usufruito in passato del Fondo di Integrazione Salariale, o se viene richiesto per un’alta percentuale di lavoratori in forza.
Durante il periodo di sospensione per assegno ordinario il lavoratore ha un obbligo di disponibilità in quanto, anche se sospeso, resta ugualmente alle dipendenze del datore di lavoro per cui, se convocato, è tenuto a riprendere servizio anche prima della scadenza della sospensione programmata.
Uno degli aspetti più controversi, ampiamente dibattuti anche in questi giorni dagli esperti, riguarda il rapporto tra l’utilizzo degli ammortizzatori sociali e la fruizione delle ferie. In particolare ci si interroga, non trovando alcuna disposizione nel D.Lgs 148/2015, se i lavoratori con ferie già maturate e non ancora godute siano tenuti ad usufruirne prima di accedere all’integrazione salariale.
Nonostante non sia espressamente imposto, lo smaltimento preventivo delle ferie ha costituito in questi anni una buona prassi, spesso incoraggiata dall’Inps sulla base di considerazioni di tutela dell’interesse pubblico, ed ha volta confermato in sede giudiziaria.
L’aspetto più preoccupante in merito al quale si auspica un intervento del Governo riguarda l’obbligo del Fondo di mantenere il bilancio in pareggio, senza possibilità di erogare prestazioni in carenza di disponibilità.