La legge di bilancio 2021 contiene una norma simile a quella dei precedenti decreti in materia di esonero dal versamento dei contributi previdenziali (esonero contributivo) per aziende che non richiedono trattamenti di integrazione salariale.
La circolare Inps n. 30 del 19-2-2021 fornisce le prime istruzioni in attesa che il provvedimento sia operativo essendo subordinato all’autorizzazione dell’UE, non ancora pervenuta.
In precedenza gli esoneri erano stati previsti, con modalità e condizioni simili, dal Dl 104/2020 (c.d. decreto Agosto) e dal Dl 137/2020 (c.d. decreto ristori)
Tutti di datori di lavoro privati, anche non imprenditori, ad eccezione di quelli operanti nel settore agricolo.
Ulteriore condizione: possono accedere all’esonero in trattazione i suddetti datori di lavoro che abbiano fruito, anche parzialmente, nei mesi di maggio e/o giugno 2020, degli interventi di integrazione salariale di c.d. Covid, vale a dire quella normati dagli artt. da 19 a 22-quinquies del Decreto Cura Italia.
Ai fini del legittimo riconoscimento dell’esonero i datori di lavoro interessati non devono richiedere i nuovi trattamenti di cassa integrazione (ordinaria o in deroga) o di assegno ordinario previsti dalla Legge di Bilancio 2021.
In merito ai nuovi trattamenti vai il nostro articolo in merito.
Per come è scritta la norma e fatto salvo nuovi provvedimenti legislativi, il datore di lavoro che accede all’esonero in commento non può far richiesta di ammortizzatori sociali per il seguente periodo:
La scelta tra ammortizzatori sociali ed esonero può essere fatta per singole unità produttive, così come dichiarate all’Inps. In tale ipotesi, l’esonero potrà essere fruito nei limiti della contribuzione dovuta con riferimento alle unità produttive non interessate dai nuovi trattamenti di integrazione salariale.
L’ammontare dell’esonero in trattazione è pari alle ore di integrazione salariale fruite, anche parzialmente, nei mesi di maggio e/o giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL.
L’importo dell’agevolazione, più specificamente, è pari alla contribuzione piena a carico del datore di lavoro non versata in relazione alle ore di fruizione dei trattamenti di integrazione salariale nei citati mesi.
L’ammontare dell’esonero così determinato costituisce l’importo massimo riconoscibile ai fini dell’agevolazione.
Tale importo può essere fruito, fino al 31 marzo 2021, per un periodo massimo di otto settimane e deve essere riparametrato e applicato su base mensile.
Pertanto, in virtù del tenore letterale della norma, nelle ipotesi in cui il calcolo della contribuzione non versata per le ore di integrazione salariale possa determinare un credito potenzialmente fruibile per un periodo superiore a otto settimane, resta fermo il limite temporale (“per un periodo massimo di otto settimane”) stabilito dal legislatore.
L’indicazione del suddetto limite temporale lascia comunque la possibilità per il datore di lavoro di fruire dell’esonero per periodi inferiori alle citate otto settimane.
Più specificamente, si rappresenta che l’effettivo ammontare dell’esonero sarà pari al minore importo tra la contribuzione datoriale teoricamente dovuta per le ore di integrazione salariale fruite nei mesi di maggio e/o giugno 2020 e la contribuzione datoriale dovuta (e sgravabile) nelle mensilità in cui ci si intenda avvalere della misura.
Non sono oggetto di esonero le seguenti contribuzioni:
Sono, inoltre, escluse dall’applicazione dell’esonero le contribuzioni che non hanno natura previdenziale e quelle concepite allo scopo di apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento, per le quali si rinvia a quanto già previsto, da ultimo, dalla circolare Inps n. 40/2018.
Oltre alle solite condizioni previste in tutti i casi di accesso a benefici ed agevolazioni contributive (che vi invito a leggere direttamente nella circolare al punto 4) è qui prevista un’ulteriore condizione: il datore di lavoro deve attenersi al divieto di licenziamento prorogato dalla legge di bilancio fino al 31 marzo 2021.
Si precisa, al riguardo, che la valutazione del rispetto della suddetta condizione va effettuata sull’intera matricola aziendale e che la violazione della previsione comporta la revoca dell’esonero con efficacia retroattiva.
A fronte delle nuove restrizioni, stabilite dal Governo per contrastare la terza ondata pandemica, i datori di lavoro che per l’anno 2021 non hanno ancora fatto ricorso ai trattamenti di integrazione salariale si trovano nella difficile scelta tra l’esonero qui trattato e gli ammortizzatori sociali.
Risulta certamente complicato quantificare i costi aziendali da sostenere fino al 30 giugno 2021, ipotizzando di non accedere all’assegno ordinario e alla cigd, da comparare con i benefici dell’esonero.
Per le informazioni di dettaglio invito a leggere la circolare qui commentata.